Le inondazioni che hanno devastato le Marche nel fine settimana, provocando 11 morti e altri nove dispersi, avrebbero potuto essere evitate, almeno in parte, se avessero funzionato algoritmi di previsione meteorologica più accurati.
Invece di quando e dove è effettivamente accaduto, sono state previste forti piogge nella vicina Toscana e in altri momenti, che hanno influito sul modo in cui le autorità locali gestiscono l’emergenza.
I residenti sono rimasti scioccati dall’improvviso acquazzone e dallo straripamento del fiume, che ha intrappolato le auto e allagato le case.
“I modelli meteorologici mondiali, basati su equazioni e algoritmi, hanno una risoluzione spaziale di nove chilometri, il che significa che abbiamo un punto ogni nove chilometri”, ha detto al quotidiano italiano Bernardo Gozzini, direttore del centro previsioni meteo CNR-Lamma. Corriere della Sera.
“Oggi ho visto che era previsto un temporale molto forte, ma ho avuto difficoltà a sapere dove e quando. L’incertezza in questo è legata al modello”, spiega Gozzini.
In questo caso, solo una parte delle precipitazioni è prevista per le Marche, mentre la maggior parte delle precipitazioni colpirà la Toscana in diversi momenti della giornata, secondo il modello.
C’è un ampio consenso tra i meteorologi sul fatto che la responsabilità dell’incidente sia correlata all’imprecisione del sistema di previsione meteorologica.
L’UE sta attualmente lavorando a regolamenti che definiranno le regole per i sistemi basati sull’intelligenza artificiale (IA) in base alle loro potenziali minacce alla sicurezza umana.
Sebbene il progetto di legge sull’IA non menzioni specificamente i sistemi di previsione meteorologica, la gestione delle infrastrutture critiche, compreso l’approvvigionamento idrico, è al massimo livello di rischio. Di conseguenza, questi modelli devono soddisfare severi requisiti di precisione e durata.
Tuttavia, la domanda fondamentale è se la tecnologia sia sufficientemente matura per prevedere con sufficiente precisione il numero crescente di eventi catastrofici causati dai cambiamenti climatici.
Nei prossimi mesi verrà lanciato a Bologna un progetto in cui verranno utilizzate le nuove tecnologie dell’European Climate Data Center. L’obiettivo è ridurre il margine di errore da nove a cinque chilometri. Manca ancora la correzione che Gozzini valuta.
“Non basterà”, ha sottolineato. “Dobbiamo sviluppare ciò che è noto come now-casting, ovvero la previsione in loco che ci permetta di seguire l’evoluzione di ciò che il modello prevede in tempo reale, riducendo così il margine di errore tra previsione e realtà”.
Mancanza di manutenzione, burocrazia, falsi allarmi
In parte responsabile è anche il sistema di prevenzione operante a livello locale, che, secondo l’analisi iniziale, ha commesso degli errori.
In poche ore, l’altezza del fiume Misa, che in passato ha causato molte inondazioni, è salita da 20 centimetri a più di cinque metri.
Tuttavia, secondo il sindaco della comunità colpita, le allerte meteo hanno avvertito di una situazione completamente diversa.
“Non abbiamo ricevuto nessun avviso speciale, solo un avviso giallo per vento e pioggia da parte della Protezione civile. Nessuno avrebbe potuto prevedere un disastro del genere”, ha detto Maurizio Greci, sindaco del piccolo comune di Sassoferrato.
Anche la manutenzione del ponte sul fiume Misa è al centro del dibattito in corso su cosa si può fare per prevenire i disastri.
Nel 2018 sono state emesse due gare per lavori di manutenzione urgente a seguito delle alluvioni del 2014.
La gara prevede il rifacimento delle barriere e la rimozione dei detriti. Tuttavia, una procedura di impatto ambientale imprevista ha limitato i lavori di messa in sicurezza a un tratto di quattro chilometri del fiume.
Il ruolo del cambiamento climatico
Anche il cambiamento climatico ha avuto un ruolo nel disastro. Dopo mesi di siccità, la tempesta è caduta per più di un terzo delle piogge che normalmente cadono nella regione durante tutto l’anno. Cioè, l’anomalia non è nella quantità ma nella distribuzione.
“Il 2022 sarà ricordato come un anno di siccità nel centro nord Italia”, ha detto Gozzini. “Non possiamo trattenere l’acqua che non scorre nella falda acquifera ma ritorna al mare. Dal punto di vista del cambiamento climatico, non c’è alcun cambiamento nell’accumulo stagionale: lo stesso numero di cadute di prima, ma in modi molto diversi”.
Lo ha detto al quotidiano italiano il geologo ed esperto di cambiamenti climatici Mario Tozzi La Stampa simile.
“All’inizio del 21° secolo non ci saranno più disastri naturali. Gli eventi naturali diventano disastri solo attraverso di noi. Dovremmo aspettarci tali fenomeni al di fuori della regione dove sono comuni e al di fuori della stagione canonica”.
[Bearbeitet von Luca Bertuzzi/Alice Taylor]
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