DGiovedì il parlamento italiano ha approvato il primo e forse definitivo bilancio del governo di Mario Draghi. È stato un parto difficile. L’approvazione dei deputati è arrivata con notevole ritardo. Il governo deve combinare voti di sfiducia in Parlamento e Senato e ridurre i tempi del dibattito per vincere. Questo dimostra quanto possa essere fragile un governo di coalizione di “unità nazionale” veramente ampio, ufficialmente osteggiato solo dal partito populista di estrema destra Fratelli d’Italia.
Nei prossimi giorni Draghi dovrà dire se si candida alla presidenza. Dopo il suo accenno in una conferenza stampa poco prima di Natale, alcuni osservatori contavano sulla sua candidatura. In caso di successo, potrebbe assicurarsi la sua influenza sulla politica italiana per i prossimi sette anni, soprattutto perché il presidente italiano ha molto più potere del presidente tedesco, ad esempio nel 2018, respingendo l’avversario dell’euro proposto dal governo all’epoca come ministro della Affari economici.
D’altra parte, la carica di primo ministro, pur dotata di un potere operativo di gran lunga maggiore, è anch’essa oggetto di incertezza, soggetta a fluttuazioni politiche quotidiane. Gli incarichi di predecessori rispettati a livello internazionale come Mario Monti o Romani Prodi sono visti come esempi piuttosto eclatanti. Se Draghi vuole diventare presidente, il suo calcolo deve includere i suoi successori che continuano il suo percorso.
Si possono immaginare riduzioni del debito più ambiziose
Con un budget per il 2022, l’ex capo della BCE sta sicuramente cercando di dare un esempio particolare. Sapeva che l’Italia, in quanto maggiore beneficiaria degli aiuti europei alla ricostruzione, era sottoposta a un controllo speciale. Secondo la sua volontà, l’economia deve liberarsi dalla crisi con l’aiuto degli investimenti e della stimolazione della domanda. Sono inoltre disponibili importanti fondi per l’equità sociale. Il risanamento fiscale, invece, non è una priorità assoluta. La spesa aggiuntiva aumenterà di circa 32 miliardi di euro rispetto al 2021. Tuttavia, il nuovo debito nel 2022 potrebbe scendere dal 9,4 al 5,6 per cento del prodotto interno lordo (PIL) e il debito totale potrebbe scendere al di sotto del 150 per cento a causa delle maggiori entrate fiscali. crescita economica secondo il piano del governo.
Sono certamente ipotizzabili riduzioni del debito più ambiziose: secondo lo scenario calcolato dal governo, che prevede l’andamento di entrate e spese senza un nuovo intervento del governo, il nuovo debito potrebbe anche ridursi al 4,4 per cento del PIL nel prossimo anno, un buon quinto in meno del previsto adesso. Ma il governo ha deciso diversamente perché voleva mantenere il suo potere creativo.
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