Lo stabilimento siderurgico Ilva si trova a Taranto, nel sud Italia. Lo stabilimento è entrato in funzione nel 1965. L’azienda conta circa 11.000 dipendenti e si estende su una superficie di 1.500 ettari, ed è una delle acciaierie più grandi d’Europa.
Nel 2019, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che l’acciaieria avesse un impatto dannoso significativo sull’ambiente e sulla salute dei residenti locali.[1].
Dal 2012 sono state previste misure per ridurne l’impatto, ma i termini per la loro attuazione sono stati più volte prorogati.
Numerosi residenti della zona hanno presentato ricorso al Tribunale di Milano, chiedendo la sospensione dell’attività dell’acciaieria. Hanno affermato che le emissioni mettevano in pericolo la loro salute e che l’impianto non soddisfaceva i requisiti della direttiva sulle emissioni industriali.[2]
Se lo chiede il Tribunale di Milano se la normativa italiana e le particolari norme derogatorie contrastano con la direttiva si applica all’acciaieria Ilva per consentirne il proseguimento del funzionamento. Ha pertanto presentato alla Corte una richiesta di ingiunzione preliminare.
La Corte ha sottolineato innanzitutto stretto rapporto tra tutela della qualità ambientale e tutela della salute umanache è l’obiettivo fondamentale del diritto dell’Unione europea, sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Ciò dimostra che la direttiva contribuisce al raggiungimento di questi obiettivi difendere il diritto a vivere in un ambiente che garantisca un’adeguata salute e benessere personale.
Sebbene, secondo il Governo italiano, la Direttiva non contenga alcun riferimento alla valutazione degli impatti sulla salute, la Corte lo ha affermato significato di “inquinamento” secondo le indicazioni cattura i danni causati all’ambiente e alla salute umana. Pertanto, una valutazione preliminare dell’impatto delle attività di un impianto, come l’acciaieria Ilva, su questi due elementi dovrebbe essere parte integrante della procedura di concessione e revisione dell’autorizzazione all’esercizio. Tuttavia, secondo il Tribunale di Milano, valgono i requisiti precedenti non rispettato in termini di pericolo per la salute. L’operatore deve valutare tali impatti anche durante tutto il periodo di funzionamento dell’impianto.
Inoltre, secondo il Tribunale di Milano, norme particolari per l’impianto siderurgico Ilva consentono il rilascio di un’autorizzazione ambientale e la sua revisione. senza tener conto degli inquinanti specifici o del loro impatto negativo sulla popolazione. La Corte ha affermato che il gestore di un impianto ha l’obbligo di fornire, al momento della richiesta dell’autorizzazione iniziale, informazioni riguardanti la natura, la quantità e i potenziali effetti nocivi delle emissioni che possono essere prodotte dal suo impianto. Solo le sostanze nocive che si ritiene abbiano un impatto trascurabile sulla salute umana e sull’ambiente non possono essere soggette a valori limite di emissione nell’autorizzazione d’esercizio.
Il tribunale ha ritenuto che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva e dal governo italiano, la procedura di revisione non poteva limitarsi a fissare valori limite solo per gli inquinanti le cui emissioni potevano essere stimate. Si deve inoltre tenere conto delle emissioni effettive di altri inquinanti derivanti dal funzionamento di un particolare impianto.
Se si verifica una violazione dei termini del permesso di esercizio di un impianto, l’operatore deve immediatamente adottare le misure necessarie per ripristinare il prima possibile il rispetto dei termini del permesso.
Nel caso in cui sussistano rischi gravi e significativi per l’integrità ambientale e la salute umana, il termine per l’attuazione delle misure di protezione specificate nell’autorizzazione operativa non può essere prorogato più volte e il funzionamento dell’impianto deve essere interrotto.
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[1] Le valutazioni dei danni alla salute effettuate nel 2017, 2018 e 2021 indicano una relazione causale tra il peggioramento dello stato di salute della popolazione del tarantino e le emissioni dell’impianto siderurgico Ilva, in particolare quelle relative alle polveri sottili PM10 e all’anidride solforosa industriale. (SO2). Sono stati identificati altri inquinanti associati alle attività delle acciaierie, come rame, zinco, nonché particelle fini PM2,5 e PM10. In un rapporto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite del gennaio 2002, il complesso urbano di Taranto è stato incluso nella lista delle “zone sacrificate”. Queste zone sono caratterizzate da livelli estremi di inquinamento e contaminazione tossica, con gruppi vulnerabili ed emarginati che soffrono gli impatti più gravi dell’esposizione all’inquinamento e alle sostanze pericolose sulla salute, sui diritti umani e sull’ambiente.
[2] Direttiva 2010/75/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010 sulle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento).
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